I licenziamenti stanno aumentando in Svizzera e all’orizzonte vi sono altre ristrutturazioni, con le aziende che si fanno meno problemi a rescindere il contratto di lavoro degli ultra 50.enni, visti i numerosi posti vacanti annunciati: è questo il quadro del mercato dell’impiego tracciato in uno studio della società di consulenza von Rundstedt.
La ricerca pubblicata oggi – che arriva in un periodo in cui si accavallano le notizie sulla buona tenuta del lavoro in Svizzera, con una disoccupazione storicamente bassa – si basa su un’analisi statistica pluriennale, che per il 2022 ha tenuto conto di 192 imprese, di vari settori, che hanno proceduto a una contrazione dell’organico. Dopo una riduzione significativa dei licenziamenti nel 2021 e nella prima metà del 2022, sulla scia delle misure anti-Covid e della ripresa post-pandemia, a partite dalla metà dell’anno scorso si assiste a un nuovo aumento delle rescissioni dei rapporti di lavoro.
Il 76% degli allontanamenti nel 2022 è avvenuto nel contesto di un ridimensionamento o di una ristrutturazione: l’anno precedente la percentuale era solo del 67%. «Ciò indica che le aziende stanno di nuovo effettuando maggiori aggiustamenti strutturali e non solo cercano nuovo personale, ma anche licenziano dipendenti e adeguano l’organizzazione allo stesso tempo», si legge nello studio. Soprattutto verso la fine del 2022 sono stati annunciati altri progetti di ridimensionamento e ristrutturazione. Secondo gli autori della ricerca ciò non indica ancora una recessione, ma una sorta di normalizzazione del mercato del lavoro.
Cattive nuove arrivano per gli addetti non più giovani. «Attualmente, il tasso di licenziamento degli ultracinquantenni è significativamente più alto rispetto a quello delle altre fasce d’età», affermano gli esperti di von Rundstedt. «Apparentemente i molti posti vacanti legittimano le aziende a licenziare sempre più spesso i dipendenti più anziani senza attivare speciali misure di protezione». Nel 2022 il 39% dei licenziamenti ha riguardato la fascia degli over 50: la quota è nettamente più elevata di quella all’anno precedente, pari al 31%.
«A quanto pare, il contesto favorevole di mercato per le persone in cerca di impiego e i numerosi posti vacanti fanno sì che i datori di lavoro non siano più molto preoccupati per le persone interessate, né temano articoli di stampa negativi e danni alla reputazione se mandano a casa gli over 50», annotano gli specialisti. «Questo calcolo potrebbe funzionare nella fase attuale del boom economico. Si spera però che questa prassi cambi di nuovo quando l’economia si sarà raffreddata e il mercato si sarà normalizzato.»
Al momento comunque il tempo impiegato per la ricerca di un impiego è nuovamente diminuita, soprattutto per gli ultra 50enni e i profili difficili. La media, che era di 5,3 mesi nel 2021, si è attestata nel 2022 a 5,2 mesi, con la situazione che è migliorata in modo significativo soprattutto nella categoria degli ultracinquantenni: in pochi anni si è scesi da 8,3 mesi (2020) a 6,9 mesi (2021) e ora a 6,1 mesi (2022). Si è inoltre ridotta la forbice tra profili facili e difficili: la durata media per questi ultimi era di 11,8 mesi nel 2020 ed è scesa a 9,2 mesi nel 2021 e a 7,3 mesi nel 2022. Tutte le categorie stanno attualmente beneficiando della carenza di lavoratori qualificati e trovano un nuovo lavoro molto più rapidamente.
Per quanto riguarda le remunerazioni, grazie alla carenza di personale qualificato e all’inflazione i salari tendono ad aumentare. «Tuttavia, lo sviluppo sembra abbastanza stabile rispetto all’estero», si legge nell’analisi. Nel 2022 il 40% delle persone in cerca di lavoro è comunque riuscito a ottenere uno stipendio più alto nella nuova posizione dopo il licenziamento: solo il 21% ha dovuto accettare una paga inferiore.