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tio: “Il dipendente giusto? Non lo sappiamo scegliere”

Manca il personale qualificato, ma le modalità di recruting sono obsolete. E spesso ottuse e inefficaci. Ecco come muoversi nell’era dell’IA.

ZURIGO – Il mondo del lavoro sta cambiando e con esso anche dovrebbero esserlo anche le modalità di ricerca di personale, attualmente in bilico tra la carenza di profili qualificati e l‘intelligenza artificiale. 

Ma così non è. Almeno stando a un’indagine sul mercato del lavoro* condotta da von Rundstedt e HR Today, che ha analizzato da vicino le attuali modalità di recruting dei datori di lavoro svizzeri.

Se da una parte le aziende svizzere «sono consapevoli del potenziale e dei vantaggi dell‘IA nella ricerca e selezione del personale», questa è ancora poco utilizzata, sottolinea Pascal Scheiwiller, CEO di von Rundstedt. 

Criteri obsoleti – Non solo. Chi si occupa di selezione del personale, spesso, utilizza criteri di selezione obsoleti. Il processo di ricerca e selezione avviene in modo convenzionale, attraverso i siti web delle aziende e i portali di lavoro. Ad oggi, senza un CV adeguato e formale, di solito non è possibile presentare una candidatura. E si sfrutta poco il “reverse recruiting”, con le aziende che piuttosto che vedersi piovere il candidato dal cielo, lo cercano e lo contattano direttamente.

Esperienza minima pluriennale? Non così importante – Quello dell’esperienza pregressa sembra essere un requisito standard. Su questo, spesso, c’è tolleranza zero. Eppure, le dinamiche del cambiamento, della tecnologia e dell‘intelligenza artificiale fanno sì che le conoscenze specialistiche non siano più il requisito principale. Dovrebbero esserlo piuttosto (e anche qui non tutte le aziende sembrano averlo capito) competenze trasversali quali la velocità di apprendimento, l‘agilità, la capacità di cambiare, la capacità di risolvere i problemi e le competenze sociali. 

Oltre il lavoro… niente – Tralasciando il fatto che ci si basi ancora sui CV quando basterebbe dare un occhiata a vari Linkedin & Co., nella scelta di un candidato, viene fatto notare, non si prendono in considerazione gli impegni secondari ed extraprofessionali. L‘esperienza di leadership militare, le attività part-time e gli anni sabbatici spesso non hanno un‘influenza né positiva né negativa sulla valutazione del profilo del candidato.

Si guarda all’età, ma non alla formazione continua – Lo stesso sulla formazione continua che, seppure è elemento chiave per rimanere competitivi, passa in secondo piano rispetto ai requisiti di età, competenze linguistiche e anni di esperienza nel settore. Anche la qualità del percorso di studi sembra interessare poco.

Occhio ai social – C’è poi il potenziale dei social media, ancora poco sfruttato. Sulle varie piattaforme si pubblicano sì le offerte di lavoro, ma per candidarsi poi si passa ai classici canali di selezione. E la ricchezza di informazioni sui social è raramente utilizzata per valutare i candidati, sebbene le informazioni pubbliche sulle piattaforme social siano generalmente più sicure rispetto ai CV.

Basta al “culto dell’esperienza”, sì all’IA – Soluzione? Colmare il gap nell’uso dell’IA, della quale vengono enfatizzati i pericolo, ma non considerato il potenziale in particolare per la selezione, la gestione dei candidati e la valutazione dei profili. E mettere da parte il “culto dell’esperienza nel settore” che molte aziende hanno e che rappresenta un problema per molti candidati.

*Lo studio si basa su un‘ampia indagine a cui hanno partecipato 936 responsabili delle risorse umane e dirigenti in tutta la Svizzera. I risultati sono suddivisi per settore, regione e dimensione aziendale.

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